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Uomo e canapa pt.2

Raccontando un po ‘di Storia d’Italia, il paese che io e Silvio amiamo, scopriremo che quest’ultima per tanto tempo era al vertice nella produzione di canapa. Le prime tracce risalgono all’11500 a.c. e se abbiamo smesso di produrla, è stato a causa della rivoluzione industriale e del proibizionismo. 

Anche se il primo a proibirla fu un emirato arabo del 1400, dobbiamo aspettare Napoleone ed un altro Re del Madagascar che non si ricorda nessuno per trovare altro proibizionismo; approfondendo sicuramente scopriremo motivi politici, religiosi ed economici, però in realtà Napoleone l’ha proibita perché i suoi soldati in guerra si guardavano le mani, ridevano ma non sparavano. 

Perdere e riscoprire invenzioni fa parte dell’evoluzione e della natura dell’uomo e ne abbiamo ulteriore prova nei primi del 1900, quando a causa della rivoluzione industriale hanno preso piede fibre sintetiche e petroli che hanno fermato la Maria verso la sua scalata per il successo. 

Uno dei metodi più invalidanti per l’umanità che applicano i governi per bloccare una cosa è il proibizionismo con cui si rischia di perdere non solo la fiducia del popolo, ma anche le infinite conoscenze derivanti da millenni di storia. Shen Nung, farmacista cinese del 2737 a.c., trascrive che oltre ad essere utile per reumatismi, debolezza mentale, malaria, gotta e stipsi; era ottima anche per i disturbi femminili. 

In Egitto anche sono stati ritrovati dei papiri medici, probabilmente è dalla mezzaluna fertile che poi la canapa ha preso piede e si è spostata in giro per il mondo. 

Come non puoi fermare Steph Curry sul campo da basket, anche la Maria è unstoppable e chi la mette tra le categorie delle droghe pesanti, sta in realtà nascondendo un problema sociale molto più grave e non è in grado di capire le esigenze della popolazione. 

Il proibizionismo dal nostro punto di vista non è altro che una forma di procrastinamento. Ci sono dei casi in cui il non fare per fare bene a qualcuno, equivale a far male a tanti e chi decide e governa dovrebbe farlo con un’idea di accoglienza e non giudizio verso il singolo.  

Per l’umanità, perdere la canapa è analogo alla perdita delle api ed avere consapevolezza di questo concetto, ci aiuterà senz’altro a capirne i suoi infiniti utilizzi e di conseguenza a realizzare un mondo più green, chill e sano. 

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